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È sera. Sto cucinando e arriva Marco.
Marco: “Mamma Isa, tanto bene”.
Io: “Anch’io, cucciolo”.
Passetti veloci lo riportano di là.
Passano pochi minuti.
Marco: “Mamma Isa, tanto bene”.
Ahia, siamo già a due: due indizi, fanno una prova.
Io: “Anch’io... tutto a posto?”.
Sparisce di nuovo.
Nei miei pensieri inizia a insinuarsi un brutto
presentimento: non lo sento, non lo vedo e mi ha detto
due volte tanto bene…
Torna Marco trotterellando.
Marco: “Tanto bene, Mamma Isa.”
E mi si abbarbica alle
gambe.
Io: “Anche la mamma ti vuole bene ma… hai le manine
bagnate???”.
Marco intanto scappa via di nuovo.
Mi asciugo velocemente le mie (di mani) e lo rincorro.
In bagno scorre l’acqua nel bidè, un classico.
Marco è in camera sua, con un po’ di giochi in mano: un
libro, una macchinina, alcuni pezzi di lego, come se stesse facendo ordine.
Invece si dirige svelto, svelto verso il bagno. Quindi dritto verso il bidè e…
oooooplà! tutti dentro, insieme a una palla, un peluche e un mostricciattolo vinto
coi punti Esselunga. Un bel bagnetto di gruppo.
Marco: “Ecco Mamma Isa: puliti!”
Eh no carino. Sei piccolo ma non me la fai. È inutile che mi
dici quella parolina lì! Lo sai che è una delle mie preferite. ("Marco, pulisci lì/pulisciti le manine/facciamo
il bagnetto che poi sei bello pulito…") E poi, cosa sono quei tre “ti voglio
bene” di fila???
Come la mettiamo? Vuoi fregare tua madre?
Come la mettiamo? Vuoi fregare tua madre?
Sì.
Niente funziona
meglio di un rivestimento romantico su un movente egoista. (Bill Bernbach)
Questa volta, Marco si è travestito proprio bene.
Questa volta, Marco si è travestito proprio bene.
Mi arrendo: “È vero, avevano proprio bisogno di lavarsi un
po’. Gli hai fatto anche uno shampoo?”.
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