Inizia tutto con un gruppo di no-qualcosa (no-tav, no-global, no-n so) che occupa un edificio
abbandonato, proprio nella nostra via.
“Ok, però adesso la polizia fa
qualcosa.”
Nel mio mondo, popolato solo da me, Candy Candy e Pollyanna, funziona così.
Nel mondo reale, i nostri nuovi amici stanno
già affiggendo un lungo manifesto col programma della serata.
Nel mio mondo, popolato solo da me, Candy Candy e Pollyanna, funziona così.
Il mio ottimismo inizia a vacillare
verso le 2.
Alle 3 uccido Candy Candy e Pollyanna.
Alle 4 mi sto piacevolmente intrattenendo al telefono coi miei amici della
questura.
Alle 4.30 ho già esaurito tutte
le torture medioevali che conosco e sono passata a quelle di Abu Ghraib.
È vero: le mamme, col verbo
occupare, ci fanno un sacco di cose, tranne che metterci la k:
si preoccupano,
hanno spesso il telefono occupato,
sono sempre occupate,
a volte anche disoccupate,
e poi, gridano “occupatooo!” in bagno, per avere un momento di privacy.
Però, caro popolo di okkupanti,
anche voi avete qualcosa da imparare da noi mamme.
Giovane rasta coi cappelli dalle
mille treccine. Vuoi mettere, una sera sul divano con Marco che infila i suoi
ditini nei miei capelli per rilassarsi? Quando ha finito il suo lavoro di
gira-gira dalla punta alla radice, tu in confronto, sembri piastrato come un
Emo.
A una mamma non serve occupare
una casa per non dormire nel proprio letto: lettone, lettino, divano letto,
divano… a volte anche pavimento. E tutto senza muoversi dal proprio
appartamento. Pensavate di esservi inventati il nomadismo, quando vi basterebbe
fare un figlio per agognare di dormire sempre nello stesso letto.
Se poi vi piace muovere
ritmicamente la testa come tanti cagnetti sul cruscotto dell’auto, provate a
fare un figlio per scoprire la sindrome da culla. Ondeggerete voi e qualunque
oggetto vi capiti in mano, a qualunque ora del giorno o della notte. Avanti e
indietro. Senza neanche aver bisogno dei vostri mille decibel sparati nelle
orecchie.
Vivere in un posto con le
scritte sui muri? In questo, caro popolo di okkupanti, vi battiamo noi mamme 10
a 1. La prossima volta che avete bisogno di un paio di graffiti fatti come si
deve, fatemi un colpo di telefono che vi mando giù Marco con i suoi Giotto Bebè.
Lui ha giusto lo stile da Centro Sociale.
Se la vostra passione è essere
insultati da tutto il vicinato, mentre vi godete il vostro spassosissimo sabato
sera: non c’è problema. C’è un modo molto più veloce: basta prenotare un tavolo
in un ristorante e presentarsi con prole al seguito. Occhiatacce assicurate e,
se vi impegnate solo un pochino, a metà serata arrivano anche degli insulti di
un certo livello.
Vi piace incasinare un posto non
vostro? Presto fatto: avete mai partecipato a una festina di compleanno di
qualche bambino in età da asilo? Fidatevi di me quando vi dico che il casino
che avete fatto non è neanche paragonabile a un coro di “tanti auguri a
teeeeeee” cantato a squarciagola, davanti a una torta di Peppa Pig.
Amate gli ambienti un po’ zozzi
e puzzolenti? Provate ad entrare in una stanza dopo un cambio cacca di quelli
seri. Le vostre case occupate, in confronto, sembrano una sala operatoria.
Ecco perché una bella
K ce la meritiamo anche noi.
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