giovedì 29 maggio 2014

Portavo gli scaldamuscoli.







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Mi sembra di averlo già detto, uno dei lati positivi di avere avuto un figlio maschio, è stato di poter declinare, con educazione, le camionate di rasi e pizzi, già pronte per essere scaricate nel mio appartamento.

Sono cresciuta con una madre che amava il rosa in modo viscerale. Avere una figlia femmina, non ha fatto altro che aumentare questa sua passione. Fino a due anni, ero una grossa, grassa, bomboniera rosa con scarpe di cuoio, troppo strette per contenere anche solo la metà della ciccia che avevo sui piedi. Ecco da dove nasce questa mia repulsione al classico rosa bebè!

Poi, l’altro giorno, succede che mi soffermo 
a guardare Marco.

Era al parco a giocare con fango e acqua: aveva i vestiti completamente bagnati e sporchi. Così, ho dovuto mettergli quello che avevo nella borsa: una felpa senza maniche a coprire una bella pancia nuda. Il risultato era al limite della decenza, ma lui se la tirava come neanche un modello di Armani. Assolutamente a suo agio nei panni di uno scappato di casa!

Da sempre refrattario a qualunque abbinamento di colori, interpreta l’eleganza come si fa con un quadro di Kandinsky… se piace a tutti, dovrà essere bello per forza!
I buchi nei pantaloni lo fanno morire dal ridere: ci mette il dito dentro per allargarli al grido di... 

mamma guarda, buuuuchiiino!

Le macchie di sugo gli sembrano semplicemente un grande spreco e l’ho trovato più di una volta, mentre cercava di mangiarselo di nuovo.

Ma per vederlo veramente soddisfatto, ho dovuto aspettare la prima volta che ha giocato sotto la pioggia. Ero sprovvista di qualunque indumento impermeabile, così ho dovuto riparare, coprendolo con un sacchetto dell’immondizia. Ebbene sì, l’ho visto pavoneggiarsi per davvero!

Forse è troppo tardi per intervenire? 
Mi sa proprio che il danno è fatto.

Una madre cresciuta in due scarpe rosa troppo strette, non poteva che dare alla luce un figlio che neanche l’ultimo dei punkabbestia vorrebbe come amico.

Ma la verità è un’altra: sono stata l’unica ad interpretare la moda degli scaldamuscoli dei primi anni ‘90 alla lettera. Facendoli uscire dalle loro legittime palestre e portandoli in giro con un certo orgoglio.
Penso che tutto abbia avuto inizio da lì: inesorabile è arrivata la punizione divina.

Dovete avere qualcosa su cui applicare la creatività. Dovete viverci insieme. Dovete sprofondarci dentro. Farne indigestione. (Bill Bernbach – 1961)

giovedì 8 maggio 2014

Fame di vittoria.




A chi non piace vincere?
A me.

In linea di massima, dove intravvedo un po’ di competizione, faccio un passo indietro. Sono un’esperta nel battere i miei record personali. Superare me stessa, mi mette più a mio agio.

Anche con Marco è così. Adesso è nel periodo dove vuole vincere in tutto. E le gare sono ovunque, dove meno te le aspetti.

Arrivare alla porta di casa, per esempio, è la sua sfida preferita. Vuole che io prenda l’ascensore e lui le scale. Penserà che un solo piano sia alla sua portata. Se mangiasse meno focacce grandi così, forse lo sarebbe!

Mamma Isa! Fai pronti, partenza, via.
(Traduzione: vediamo chi arriva prima alla porta di casa).

Io aspetto un po’ a chiamare l’ascensore, così sono sicura che il mio atleta panzuto non avrà difficoltà ad arrivare primo.
Capita, a volte, che l’ascensore sia già lì fermo e io faccia finta di non vederlo, dico a Marco di salire, intanto. Ma lui, ligio alle regole, non vuole: bisogna partire insieme.

Eccomi, allora, in quel piccolo ascensore a chiedergli di andare piano. 
Non c’è fretta, stretto e sgangherato abitacolo. Prenditi il tuo tempo per fare questo piano.

Ma lui non mi ascolta e con un rimbalzo degno di un atterraggio lunare mi scarica sul pianerottolo. Marco sta facendo l’ultimo gradino e mi vede attraverso il vetro. Io vedo la sua faccina che si increspa, gli occhi che si allargano. Il tradimento è avvenuto.

Scendo e nego l’evidenza: Evviva! Sei arrivato prima tu! Grido, come se fossi la madre di Usain Bolt.
No, Mamma Isa… tu prima. Marco ultimo. E si avvicina alla porta, guardandosi la punta delle scarpe.

Ho pensato di lasciarmi insegnare qualcosa da Marco. Per una volta, non aver paura di provare a vincere. La cosa peggiore che possa succedere è non arrivare primi. Ma a casa ci entro lo stesso!
Adesso sono lì, all'inizio delle scale. Vedo gli altri sull’ascensore e mi dico che, se solo avessi mangiato meno focaccia, potrei farcela.

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