martedì 31 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. Il vischio non aspetta.


Che sia il tuo grande amore. 
Tua madre o tuo padre, il tuo cane o qualunque animale da compagnia. 
La tua vicina di casa o un amico incontrato per caso. 
Una donna sconosciuta o la tua collega di scrivania. 
Un colpo di fulmine o la tua dolce metà, il tuo primo amore o l’ultimo. 
Il tuo capo o la tua maestra delle elementari, 
la signora del pane o il ragazzo dei giornali. 
Il peggiore dei parenti o il migliore degli amici. 
Una ragazza incontrata per strada o quello che ti ha offerto un drink ieri sera.



A chi darai il tuo bacio sotto il vischio stasera?


E se sotto il vischio, trovi tuo figlio?
Allora, è un'altra storia.


domenica 29 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. Chi ha rubato il mio Natale?


Purtroppo l’età di Babbo Natale avanza. Lui, come tutti quelli che non vogliono invecchiare, si ostina a non mettere gli occhiali. Risultato: ha frainteso la “focaccia grande così” che aveva chiesto Marco nella sua letterina, con una “bronchite grande così”.


Così, preciso e puntale, Marco si è ammalato proprio il 25 dicembre. A dire il vero, non un ottimo inizio, ma voglio comunque provare a ricordare qualcosa di questo Natale.

Foto mai scattate, che provo a stampare nella mia memoria.


Marco che ci mette tutti in fila per fare il trenino: mamma, papà, nonna e nonno, più lui come locomotiva, sulle note di un improbabile Bimbo mix ’80. “Vamos a la playa” che impazza, facendo sentire più bambina me di lui.

L’espressione di Marco quando ha capito che i regali erano tutti per lui e si è messo a cantare: "Tanti auguri a Babbo Natale". Un po’ di normale confusione su chi fosse il vero protagonista della giornata.

Lasciare sotto l’Albero un bicchiere di latte e un biscottino. Dopo una lunga contrattazione con Marco per decidere quanti ne toccavano a Babbo Natale e quanti a lui. Bontà sua, siamo riusciti a convincerlo che uno doveva lasciarglielo, altrimenti niente regali.

Marco e il calcio. Il padre vorrebbe tanto che sapesse tirare qualche calcio al pallone ma, per ora, Marco ha imparato benissimo solo il fallo di simulazione, buttandosi per terra disperato e fermando l’azione.

I discorsi notturni di Marco. Dai nonni dormiamo tutti nella stessa stanza, per questo abbiamo scoperto il divertente sonnambulismo di nostro figlio, più chiacchierone nel sonno che da sveglio. La notte di Natale, dopo essersi addormentato con la favola di Babbo Natale, l’abbiamo sentito dire “Io sono Marco… questo è di Marco” e ce lo siamo immaginato chiacchierare con Babbo Natale, seduto sulle sue ginocchia.

Alla scoperta del salmone. Decisamente una bella scoperta per Marco, così entusiasta di questa prelibatezza rosa, che a ogni boccone che faceva, prima diceva "Buon Natale". Come fosse la sua preghierina.

Il vasino trovato sotto l’Albero, usato correttamente da Marco, ma… senza togliersi né i pantaloni, né il pannolino. Vasino sì, ma senza abbandonare le vecchie abitudini.
Non gli sono mai piaciuti i cambiamenti repentini. Tanto meno a Natale.





martedì 24 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. L'ABC del Natale.



Natale in poche parole. Quelle di Marco.

N come NO. 
L’inizio di ogni sua risposta. Anche quelle affermative. 
Ho imparato a conoscere mille sfumature di no e molte sono ancora da scoprire. 
I no migliori sono quelli che non ti aspetti.
“Come ti chiami?”
“No!”


A come ANCOA 
(che in italiano si dice “ancora”). La parola più usata a tavola da Marco. Il mio buongustaio, non si smentisce neanche all’asilo. Dicono che, alla fine di ogni pranzo, c’è sempre una voce che si sente più delle altre. Una voce che sembra provenire dal centro della terra. Una voce che non può essere ignorata.
È Marco che grida: “Ancoa pappa. Ancooooaaa!”  


T come TANTO BENE MAMMA ISA. 
Il suo modo per stringermi, spiegarmi che ha sonno, evitare di dirmi una verità scomoda, fare il ruffiano dopo un capriccio, svegliarmi la mattina, attirare la mia attenzione, strapazzarmi di coccole.
O semplicemente dirmi: “Io ci sono”.

A come ACE 
(che in italiano si dice “grazie”). Incredibilmente, una delle prime parole di Marco. Ma è bastato poco per capire che non era il bambino più educato del mondo. Marco usava il grazie come gli altri bambini usano “è mio”. I giochi li rubava come tutti, ma con un bel sorriso e un grazie finale. Doveva sembrargli un buon metodo, fino a quando, due compagne dell’asilo, non gli hanno stampato un bel "prego" sulla faccia. Adesso, usa il grazie in modo più appropriato e si litiga i giochi al grido di “è mmmmio”… come tutti gli altri.



L come LETTINO o LETTONE? 

La prima, grande differenza tra teoria e pratica, che Marco ha imparato.

“Dove dormono mamma e papà?”

Marco: “Nel lettone.”

“E dove dorme Marco?”

Marco: “Nel lettino.”

“Quindi hai capito tutto?”

“Tì: mamma, papà e Marco nel lettone.”



“Ok, riproviamo domani.”


 E come EH. 
Uno dei modi per capire che Marco è anche figlio mio, oltre a guardarlo in faccia: il suo modo per dire sì e no. Li fa precedere sempre da un eh: “eh sì”, “eh no”. Io non me ne ero accorta, ma pare che questo intercalare sia tutto mio.
Bello vedere crescere una piccola persona che assorbe anche le mie pause tra le parole.

domenica 22 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. 10 Lacrime di coccodrillo e un caribù.


Seconda recita di Natale. Seconda volta che Marco piange a dirotto. 

Mi sforzo e mi arrovello sul significato del suo comportamento.
Non ho alcuna preparazione pedagogica e studio come mamma solo da due anni, provo comunque a darmi qualche risposta.

Ogni Natale chiede una mamma nuova, ma sotto l’albero trova sempre la stessa.

Non sarà un attore comico, come spesso ho pensato, ma sta studiando arte drammatica con ottimi risultati.

Egocentrico come al solito, pensa che amici e parenti siano lì per fargli una festa a sorpresa e si commuove.

Il primo anno aveva una calzamaglia in testa, quest’anno era in pigiama con un Babbo Natale in mano… Marco ha solo due anni ma, forse, fare la figura del pirla non piace neanche a lui.

Preferiva uno spettacolo Acid punk per Natale e, visto che gliel’hanno bocciato, si è vendicato come ha potuto.

Forse, mio figlio sarà uno di quei sociopatici che si deprimono nelle Feste e si rinchiuderà in casa, solo con una bottiglia di vodka. Mi sa che suo padre andrà a fargli compagnia.

Stare seduto davanti a venti persone che lo fissano o passare direttamente al buffet? Per il secondo anno, Marco ha fatto la sua scelta.

La sua fidanzata lo ha lasciato perché vuole sentirsi libera per le vacanze.

Ha una cotta per la maestra e non sopporta l’idea di non vederla per due settimane.

"Perché, se tutti gli adulti davanti a me stanno piangendo, non dovrei piangere anch’io?"



Poi ci ho pensato: è tutta colpa del coccodrillo! Era da una settimana che Marco intonava la canzone dei 2 coccodrilli (l’orangotango, due piccoli serpenti… la solita arca di Noè, insomma), dicendomi che era la canzone di Natale. Avevo il dubbio che fosse una delle sue invenzioni, ma questa volta sembrava crederci davvero. Evidentemente, la delusione di trovarsi in mezzo a canti natalizi senza nessun coccodrillo è stata troppo forte per lui.

Adesso rifiuta qualunque animale natalizio. 
E chiama le piccole renne disegnate sulle sue calze, caribù.



sabato 21 dicembre 2013

Basta il pensiero?



-72

Magari hanno ragione i bambini. Ai regali ci pensa Babbo Natale.
Basta mettersi lì con carta e penna e scrivergli due righe. 

Ma, mentre aspettiamo che scenda dal camino... i regali si fanno e si ricevono, in una catena di montaggio che si ripete ogni anno, precisa come il cambio della Guardia inglese.

Così, ogni famiglia, trova le sue regole per sopravvivere all’ansia da pacchetto:

Prima i vecchi e i bambini. I regali si fanno solo ai bambini e ai nonni… così, alla fine, gli sfigati tagliati fuori sono solo quelli della generazione di mezzo: cioè la mia.

Il sorteggione. I regali non si fanno, né si ricevono: si pescano da un grande cesto. Divertente quando mio padre pescò un perizoma rosso. Poi rifilato alla nonna: lei disse che sapeva cosa farsene e nessuno le ha mai chiesto di più.

La beneficenza. Per salvarsi l’anima, c’è chi destina i soldi dei regali ad enti benefici e poi scrive bigliettini del tipo: “Grazie a te, il piccolo Amir ha una zanzariera sopra la sua culla”. Divertente è capitare vicino a qualche anziano della famiglia, che ha tutto un suo concetto di solidarietà. Con simpatiche circonlocuzioni dialettali, ti spiega che una zanzariera non si può bere. Una bottiglia di grappa, sì.

Il creativo. Ce n’è sempre uno in famiglia e, di solito, sceglie sua moglie come cavia. Il lancio in paracadute diventa il regalo migliore, anche se la zia soffre di vertigini, oppure il giro in mongolfiera o la cena nel ristorante più alto del mondo… completamente incurante che la zia vomita già al secondo piano! Minacciato di divorzio, l’anno scorso ha dovuto ripiegare su un portafoglio.

Il collezionista. C’è chi, piuttosto di pensare ai regali di Natale, si farebbe ibernare alla Vigilia e scongelare alla Befana. Così, ha escogitato i regali a catena: trovato il primo, gli altri vengono di conseguenza. Attenzione a non manifestare entusiasmo per uno scoiattolo Swarovski, perché nel giro di pochi anni ti ritroverai a vivere in un bosco di cristalli.

L’estraneo. Lui si è sempre chiamato fuori. Non fa regali a nessuno perché è contrario al consumistico scambio di doni. Chiude un occhio solo quando li riceve.

Lo smemorato. Inutile, fa di tutto per ricordarselo ma il 25 dicembre lo coglie ancora di sorpresa. Purtroppo, nella fretta, si dimentica anche i regali.


Io, per quest’anno, ho trovato.



Un piccolo pensiero per gli altri. 
Uno più grande per me.


giovedì 19 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. Uno che conta.


Ho già detto che tutte le mamme, prima o poi, si vantano dei propri figli.
Ci sono cascata anch’io.

Non ho mai potuto farlo al parco, dove Marco si muove come un tricheco nano e riesce ad inciampare anche su superfici lisce e completamente levigate. Da sempre cicciottello, il mio piccolo pargolo, ha iniziato a muovere i suoi primi passi verso i 16 mesi e, anche se ha recuperato bene, diciamo che la sua tecnica di corsa è un po’ da affinare.

Ci ha pensato così tanto a muovere i suoi primi passi, che adesso li conta tutti. Sono 10 dalla macchina a casa, i gradini davanti al portone sono 2, per la scala dello scivolo servono 7 passi, per arrivare alla porta del nostro appartamento bisogna contare due volte 10.




La paura di una forma lieve di autismo l’ho avuta, ma poi ho pensato che il mio piccolo Rain Man andava benissimo così com’era. Adesso, per strada contiamo tutto a voce alta: le macchine, i paletti, gli alberi… ci manca solo un cartone di Tavernello in mano e poi ci accoglierebbero con affetto in Stazione Centrale, a parlare un po’ da soli.

Ma una vera mamma non si accontenta mai. Visto che, anche i suoi amichetti iniziavano a saper contare fino a 10, oltre a correre sempre più veloci di lui, noi non ci potevamo far superare proprio nella nostra specialità. Quindi, da qualche giorno, si conta anche oltre il 10!

Con pazienza e ostinazione sono arrivati anche l’11 e il 12.
Da Marco, così recitati: UNTTITTì e DOTTITTì. 
La nostra palestra migliore sono le rampe di scale per arrivare alla porta di casa, dove i gradini superano sempre la decina.


L’altro giorno siamo partiti in quarta e abbiamo fatto, tutto d’un fiato, i primi 10. Mancava una manciata di gradini e, presa dall’entusiasmo, ho detto a Marco di proseguire da solo. L’ho guardato e, per un attimo, ho visto la sfida nei suoi occhi. Ma ormai è noto che io non so leggere lo sguardo di mio figlio.

Fa il primo gradino e dice: UNTTITTì.

Fa il secondo: DOTTITTì.

Il tredici non l’ha mai detto, ma so che può farcela.

Mi guarda, fa il gradino e urla… FOTTITIIII.

Scandendolo così bene, da non lasciare nessun dubbio. Neanche nella mia anziana vicina che aspettava di poter scendere le scale. Il suo mezzo sorriso imbarazzato ha definitivamente incrinando la mia certezza di avere un figlio super dotato.



Al genio dentro di lui, Marco ha detto: “Fottiti”!




martedì 17 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. Il film di Natale.


Tutti abbiamo un film che ci ricorda il Natale. 
Quello che guardiamo ogni anno, come se fosse la prima volta. Quasi mai da soli, perché il film di Natale si tramanda, quindi, da tradizione, si guarda insieme.

Il mio non è proprio un film. È una vecchia storia, raccontata a tutte le bambine del mondo: Cenerentola. 

Immaginate un po’ chi ha creato questa tradizione natalizia a casa? 
Ovviamente mia madre. 
Sì perché, Cenerentola, non c’è niente da fare, è una favola tutta al femminile. 
I maschi sono contorno.

Se Bamby, Nemo, il Re Leone, Peter Pan… sono favole trasversali. In Cenerentola, il genere maschile, è come il rametto di rosmarino nelle patate al forno: bello, buono, ma poi si mette da parte.

Gli uomini di Cenerentola sono:

Il padre di lei: muore prima che inizi la storia e verrà ricordato per aver lasciato la sua unica, splendida figlia nelle mani della matrigna. Non proprio il papà dell’anno.
Il vecchio Re: un anziano che ha perso ogni speranza nei confronti del figlio, che considera belloccio ma probabilmente gay, perché ancora non è riuscito a trovare una donna che gli possa dare un erede.
Monocolao: l’assunzione obbligatoria di Palazzo.
Il Principe azzurro: attraente sì, ma con seri problemi fisici. Non riesce a raggiungere una donna con un vestito a meringa, che corre giù dalle scale con una scarpa sola. Alla faccia del fisico prestante!

Cenerentola è la nostra partita di calcio: viviamo ogni scena con tifo da stadio. Sapendo che la squadra delle racchie perderà ogni volta, senza tempi supplementari.
Ogni nostro desiderio è lì, pronto per essere esaudito.

Prima di tutto, quale donna non è cresciuta col sogno di incontrare il principe azzurro? Ma soprattutto con la speranza che ci renderà felici e contente. 
PER SEMPRE. 
Perché, se il nostro principe può sembrare facile da trovare, crescendo, abbiamo imparato che il difficile è tenerselo e rimanere pure felici. Più si racconta e più sembra una favola, effettivamente.

Il riscatto e la vendetta. A scuola, nella vita, sul lavoro, tutte abbiamo avuto La Stronza, con la s maiuscola che ce l’aveva con noi. Magari bruttarella e chiattona ma più forte di noi. Quanto avremmo pagato per sfilarle da sotto il naso l’uomo che le piaceva? E farci vedere a una festa con un vestito decisamente più bello del suo?!

La fatina. Una mamma, una sorella, una nonna, un’amica del cuore. Ogni donna può contare sulla sua Fata Madrina che, con un Bibidi Bodidi Bu, fa la sua magia e la tira fuori dai guai.

La scarpina di cristallo. In una storia che parla di donne, alle donne, non poteva mancare l’elemento fondamentale per avere la nostra attenzione. Walt Disney ha anticipato Sex and the City di decenni: la scarpina di cristallo è la prima Manolo Blahnik su cui abbiamo sbavato.

Scocca la mezzanotte. Ed ecco il gran finale: questo sì parla di noi. Perché, la serata può essere anche da favola, bella la musica e simpatica la compagnia. Col principe si è creato quel nonsochè, si vede. Però, a una certa ora, cosa c’è di meglio che togliersi le scarpe col tacco, filare a casa e lasciarlo lì a rosolare un po’?

Diciamocelo, anche a quella granculo di Cenerentola 
piaceva tirarsela!


lunedì 16 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. La prima lettera a Babbo Natale.


Il primo Natale di Marco è arrivato a soli due mesi dalla sua nascita. 
Il secondo ci ha sorpresi tra un’influenza intestinale, una tonsillite e la quarta, quinta o sesta malattia.

Ma quest’anno ci siamo: scriviamo la prima letterina a Babbo Natale. Molto più eccitati io e il suo papà, decisamente più distratto lui, ci apprestiamo a prendere carta e penna per scrivere al Lappone più famoso del mondo.

Già dalla scelta di carta e colori per scrivere, dovevo capire che il piccolo furfantello voleva divertirsi a prenderci in giro.
Foglio verde e matita rossa.
No, foglio azzurro e matita verde.
Anzi, voglio foglio azzurro e matita azzurra. 

“Ma non si vede niente, Marco!” e giù a ridere come un matto.
Mettere la mamma in difficoltà ha per lui un piacere quasi sadico.

Raggiungiamo un compromesso: foglio azzurro e matita rossa.

Inizio a scrivere sotto dettatura.
Io: "Caro Babbo…"
Marco: …"Natale oh oh oh" (per lui, il Natale non può mai essere separato dal suo verso rotondo)
Io: …"ecco cosa vorrei trovare sotto l’Albero di…"
Marco: …"Natale oh oh oh."

Io: “Marco, ora prova a dirmi cosa desideri... giocatoli, libri…”

Niente.

“Su Marco, qualcosa vorrai ricevere. Guarda che Babbo Natale (oh oh oh) può portare ai bambini t-u-t-t-o quello che vogliono.”

Mi guarda: "Tuuutto???"

“Certo! Vuoi un aiuto?”
Inizio ad elencare le sue passioni più conosciute:
“Topolino e Minnie?”
“I pesciolini?”
“Le costruzioni?”

Quando mi sto per arrendere al fatto che abbiamo l’unico bambino non interessato a Babbo Natale… vedo una luce nei suoi occhi. Una scintilla.

Io: “Allora? Hai deciso cosa vuoi sotto l’Albero???”

Marco: “Tìììì! Cocaccia grande ‘osì, Natale oh oh oh.”
(traduzione: “Per Natale vorrei una focaccia grande, grande.”)

Più che alla letterina di Natale, 
Marco stava pensando al suo primo menu di Natale.



martedì 10 dicembre 2013

Mamma dixit – intercettazioni creative. I 10 segni di una mamma.



Ho già detto che una mamma e una donna non sono la stessa cosa. Ma cosa distingue una mamma dal resto dell’umanità?



1. Innanzitutto, commuoverti davanti al servizio sui cani del tg5, non è segno di squilibrio mentale, ma di squilibrio ormonale. Che sono due cose un po’ diverse.

2. La tua voce cambia. Se, nell’adolescenza, si forma un tono più maturo, con la maternità si assume un timbro da generale in pensione. È l’ultimo tentativo del nostro corpo: il poveretto cerca di difendersi, almeno a parole, da questi piccoli esseri che nel giro di poco lo distruggeranno.

3. Ti ritrovi a dondolare qualunque cosa venga a contatto con te: il carrello della spesa, una sedia, anche la signora in coda alla posta. Non è Parkinson, è la sindrome da culla: il dondolio pre-nanna ti seguirà ovunque.

4. Saprai riconoscere le ore di sonno di una persona, solo guardandola negli occhi, con una precisione al secondo. Non sei diventata una veggente, hai solo imparato a leggere le occhiaie. Le maghe leggono la mano, tu hai il dono di leggere le occhiaie. Se sei brava, ci puoi fare un business.

5. Molto spesso ti ritrovi a dire le cose cantando:
dimmi un pochino/è da cambiare il pannolino?
adesso do un’occhiata/dall’odore non è cioccolata… lallalallalaaa
Solo così si crea la condizione perfetta per rilassare un neonato.

6. Io lo chiamo “L’istinto del leone”. Forse sarebbe meglio dire “della leonessa”. Quel ruggito che ci parte dal diaframma, appena ci toccano la prole. Esistono persone impulsive, irascibili, anche violente, ma nessuno riesce a ruggire come una mamma.

7. Ti può capitare di voler cambiare il pannolino e allacciare il bavaglio anche al tuo partner. A meno che non siano pratiche già consolidate nella vostra vita sessuale, ricordati che il papà è l’uomo di casa, non il tuo primogenito. E almeno, concedigli la possibilità di dimostrartelo.

8. Equipaggiamento: una borsa gigante, un cambio completo, acqua, biscotti, una mantellina da pioggia, una felpa più leggera e un maglione più pesante (non si sa mai), una bicicletta incastrata nell’immancabile passeggino. No, non stai partendo per le vacanze, stai uscendo per un’oretta, un normalissimo martedì pomeriggio.

9. Improvvisamente, il mondo, inizia a chiamarti signora e a darti del lei. Se, fino al giorno prima, qualche cassiere del supermercato ti dava ancora del tu o un vecchietto sull’autobus ti chiamava signorina, adesso sei ufficialmente entrata a far parte dei grandi!

10. Tieni un calendario e, in ogni mese, c’è un giorno cerchiato. No, non indica quando ti sono venute le tue cose, ma l’ultima volta che sei riuscita a fare sesso con tuo marito.