Qual è la cosa più sbagliata da chiedere
a un bambino? Quella che lo getta nello sconforto e lo fa crescere tra uno
spasmo affettivo e un conato di vomito?
La fatidica domanda: preferisci la mamma o il papà?
Pediatri, pedagogisti, neuropsichiatri
infantili concordano: mai creare una classifica dei sentimenti.
Ovviamente, non abbiamo mai
interrogato Marco su questo quesito di fattura shakespeariana. Anche perché,
lui si è già dimostrato un politico all’altezza delle vecchie glorie DC: il numero di "ti voglio bene" dedicati a Mamma Isa e a Papypapà è esattamente lo stesso. Non è mai caduto in contraddizione affettiva nemmeno coi nonni. Un vero professionista.
Ma, verso la fine degli anni
’70, a chi poteva interessare il giusto equilibrio della psiche infantile?
Il
Telefono Azzurro non esisteva ancora e i bambini, in macchina, viaggiavano in
piedi sui sedili posteriori, pronti ad essere sparati fuori come la Donna Cannone. A quei tempi ci si arrangiava come si poteva e, a dire il vero, ci è
andata fin troppo bene.
A una come me, che ama qualunque
tipo di classifica, non poteva sfuggire quella dei parenti. Temutissima da tutta la famiglia, la mia lista di gradimento, non risparmiava nessuno. Guadagnarsi il primo posto non era cosa facile. Invece, in coda, c’erano
sempre le stesse facce: due o tre zii che rischiavano la serie cadetta ogni
anno. Uno in particolare, occupava perennemente l’ultimo posto.
Non era colpa mia, questo
poveraccio lavorava nell'esercito e si presentava a casa nostra in divisa.
Quando facevo i capricci o non volevo finire il mio piatto, ecco che compariva
lui. E se per caso non c’era, qualcuno si preoccupava di suonare il campanello
al suo posto: “Sta arrivando lo zioooo”! Non era necessaria la sua presenza:
per creare lo spauracchio mi bastava solo sentirne parlare.
Il povero zio-Barba Blu non ne poteva
più di essere sempre additato come l’ultimo dei parenti, così, un giorno,
decide di portare me e i miei cugini al Luna Park. Ce la mette proprio tutta, e
riesce pure a farmi vincere un pesce rosso al gioco delle palline
(probabilmente minacciò qualcuno sottobanco). Alla fine della giornata ero
proprio soddisfatta e guardavo il mio sacchettino trasparente con un certo
orgoglio.
Lo zio aspettò proprio l’ultimo
secondo, per cercare di prendermi alla sprovvista.
Scendendo dalla macchina, me
la butta lì:
“Oggi non sono l’ultimo della
classifica, vero?”
Io lo guardo con l’inconsapevole
cattiveria che solo i bambini possono avere.
“Certo che no, zio. Sei
penultimo.”
“Be’, mi aspettavo un po’ di più,
ma va bene anche così.
Posso chiederti chi hai messo oggi all’ultimo posto?”
Io continuo a parlare con lui,
ma intanto guardo il mio nuovo amico, rosso e muto.
“Non c’è nessuno. Oggi l’ultimo
posto l’ho lasciato vuoto. Tu sei penultimo a pari merito.”
Non chiedete ai bambini la
verità.
Potrebbero dirvela.
bellissimo blog <3 e bella grafica!
RispondiEliminaGrazie! piacere di conoscerti. sulla grafica ho i miei dubbi però:-)
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