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"Po-pi-po"
"Po-pi-po"
Marco si sta allenando nell’ultima sfida tra lui e la sua
coordinazione lingua-palato.
Niente da fare: proprio non capisce cosa c’entra una l in
mezzo a tante p.
Quando ormai abbiamo perso le speranze, ecco che la l fa
capolino e spunta un polipo bello preciso. A me pare di vedergli anche i
tentacoli!
Ripensandoci però, popipo suonava decisamente meglio, ma così vanno le cose, mica
l’ho scritto io il vocabolario.
Tutti abbiamo delle parole che ci restano nella testa, in
quella zona dei ricordi che sembrano dormienti e invece spuntano fuori appena
li stuzzichi un po’.
Ricordo bene quelle due parole - le ultime due, per essere
precisa - che proprio non riuscivo a pronunciare: stuzzicadente e principessa. Quando
le ripeto sono ancora fiera di averle fatte incontrare. Sono rimaste imprigionate
a lungo nel mio palato imbranato, prima di essere scandite e diventare delle
parole come tutte le altre.
Pimpicessa e tucchicadette: decisamente più
orecchiabili.
Pimpicessa e tucchicadente: decisamente più mie.
Un po’ come quel polipo zoppicante, che era il popipo di Marco.
Pimpicessa e tucchicadente: decisamente più mie.
Un po’ come quel polipo zoppicante, che era il popipo di Marco.
Ho iniziato a parlare tardi e poi non ho più smesso.
La mia prima parola è stata pappa, pronunciata con una certa stizza, tra un cucchiaio e
l’altro.
Ho imparato in fretta a scandire bene ogni parola, partendo dal mio nome: Annalisa-una parola. La Camera-due parole.
Ho chiesto un miliardo di perché e molti sono ancora lì attaccati al loro punto di domanda. Ma al momento sono impegnata a rispondere a tutti i perché di Marco.
Ricordo il primo ciao che ho detto stringendo la mano di
persone che poi non avrei lasciato mai più. E ciao distratti, buttati lì, senza pensarci troppo. E poi c’è un ciao, uscito come un sussurro, quando ho visto Marco per la prima
volta, che adesso è diventato il nostro modo di dirci “ti voglio bene”.
Con la parola scusa ho un conto in sospeso: la dico
male. Non ho dimestichezza. Quando conta, mi manca il coraggio di pronunciarla.
Quando non serve, affiora sempre sulle mie labbra. Un po’ come un ospite
inatteso, che fa capolino nei momenti meno opportuni.
Grazie è la mia
preferita. Una delle prime parole di Marco.
Interi momenti della mia vita li potrei intitolare solo con grazie. E sono pure i più belli!
Interi momenti della mia vita li potrei intitolare solo con grazie. E sono pure i più belli!
Mi piacciono le parole.
Per quello che vogliono dire o solo per come suonano.
Mi piace scriverle e scoprire
nuovi abbinamenti: come presentare un piatto a un buon vino.
Bello è farle
affiorare, anche se non sono perfette. Perché un popipo, funziona benissimo anche così.
L'importante è amare la parola che provoca una reazione. (Gabriella Ambrosio)
E in questo, Marco, è un vero professionista.
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