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Cerca l'equilibrio del significato come un poeta. (Gabriella
Ambrosio)
Se devo essere sincera, quella
linea rossa proprio non me l’aspettavo. Non ero preparata. Forse non lo sei mai
veramente. Ci siamo visti così, io e te, la prima volta.
O meglio, io ho visto te: una linea rossa dentro un test.
O meglio, io ho visto te: una linea rossa dentro un test.
Poi sei diventato un battito,
forte come un’esplosione, profondo come un temporale. Eri grande come una
capocchia di uno spillo ma ne facevi di rumore. Io ti sentivo dentro a un
monitor in bianco e nero, ma sapevo che eri dentro di me.
Ci siamo studiati per bene io e
te, abbiamo avuto modo di conoscerci con calma. Io ti guardavo attraverso il
mio corpo che cambiava.
Ti parlavo e tu rispondevi a
modo tuo: una piccola fitta, un po’ di nausea, tanto sonno, voglia di gelato,
odio per il caffè e qualche pugnetto quando, nel letto, mi giravo dalla parte
sbagliata.
Ti ho visto diventare un piccolo
fagiolo e poi, un giorno, mi hai voluto fare ciao con due manine nuove di zecca.
Mi hai fatto vomitare una sola
volta, quando ti credevo una femmina.
“Ma scusa, se tu sei la mia mamma Isa e io sono Marco.
Chi cavolo è questa Matilde con cui continui a parlare?”
Ti capisco, mi sarei fatta
vomitare anch’io!
Gli ultimi giorni, eri per me
solo due piedini conficcati sotto le costole. Era il tuo modo per dirmi che di
lì dovevi proprio uscire.
Hai deciso tu quando e, adesso che so quanto ti piace fare di testa tua, tutto mi è più chiaro.
Hai deciso tu quando e, adesso che so quanto ti piace fare di testa tua, tutto mi è più chiaro.
Siamo riamasti in una stanzetta
una notte e una mattina. Tutti e tre… e un mucchio di ostetriche che, di te,
continuavano solo a dirmi che c’eri quasi, che si vedeva già la testa. Sono
arrivata ad odiarla la tua testa, che aveva deciso di incastrarsi nel mio
corpo.
Dai, dicevo, se avevi tanta fretta, perché adesso non ti muovi?!
Dai, dicevo, se avevi tanta fretta, perché adesso non ti muovi?!
Perché tu odi i cambiamenti e mi
pare di vederti: pronto per nascere, che ci pensi ancora un po’. Perché non sei
poi tanto sicuro di voler uscire di lì. Alla fine ci stavi bene dentro di me. Non
ti fidavi di quello che ti aspettava fuori.
Ma poi ti sei convinto e sei
venuto al mondo.
La prima volta che ti ho visto
ho pensato due cose: che mi assomigliavi da morire e che avevi una
straordinaria testa a punta.
Vivremo un sacco di altre
avventure nella nostra vita, alcune ci porteranno lontano. Ma una cosa è certa:
questa l’abbiamo vissuta insieme, ed eravamo più vicini che mai.
Oggi, tre anni fa, ho scoperto
che esistevi.
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