sabato 15 febbraio 2014

Le Olimpiadi viste da una mamma.

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Mi sa che lo conoscete tutti lo spot della P&G per le Olimpiadi invernali di Sochi 2014. C’è chi lo aspettava dalle scorse Olimpiadi estive, perché, bisogna essere sinceri, con questa associazione dello sport con l’amore materno, ci hanno proprio preso!

Ci siamo innamorati tutti di quel messaggio finale, che un po’ di brividi lungo la schiena li fa venire anche a chi considera i figli solo dei nani puzzolenti a cui gocciola sempre il naso.
 
 
Ho già ammesso di non essere adatta a nessun tipo di sport per la mia assoluta mancanza di competizione, ma ci sono dei momenti in cui mi fermo e me lo gusto tutto. Uno di questi momenti è quello delle Olimpiadi.
Guardo gli atleti come dei marziani che vivono attimi di secondo lunghi come secoli. Basta un battito di ciglia per sputtanarsi anni di allenamento, fatica e sacrifici.
Stravaccata dentro la poltrona, continuo a guardare. Fino a quando mi imbatto in uno sport di cui non conoscevo neanche l’esistenza. Mi pare si chiami sci freestyle: la gara consiste in una discesa ripidissima, fatta esclusivamente di cunette, una dietro l’altra, senza neanche un attimo di respiro. A metà della discesa, dopo che ti sei sparato una ventina di salti a ripetizione, con le gambe che ti arrivano a un millimetro dagli incisivi, arriva una bella evoluzione a sci uniti. Poi si riparte con altri salti da stambecco e alla fine, un'ultima evoluzione acrobatica.
Strano, ma guardando questi atleti che volano sulle cunette, il pensiero è andato proprio a me.
Svegliarsi la mattina, a volte con una manina arrotolata dentro i capelli e un piedino puntato su un rene. L’orologio impietoso mi avvisa che la giornata è già partita con mezz’ora di ritardo. Vabbè, ma poi recupero. E intanto salto la prima cunetta.
Preparo una mammomilla coi biscotti, ma solo interi, mi raccomando, e non nella tazza ma nel bicchiere. No, anzi, nella tazza. Ok, metà tazza, metà bicchiere, ma muoviti!
Op-op, altri due salti con le ginocchia belle alte.
Di corsa all’asilo, con cazziatone compreso per il ritardo.
Poi, partono 7 ore da sola, in cui cerco di incastrare tutto, ma proprio tutto. Mangiare mentre mando una mail, guardare il tg mentre stiro, lavorare mentre aspetto il bucato, fare pipì mentre controllo la posta, fare la spesa mentre faccio una telefonata. E poi scrivere qui i miei pensieri, facendoli sembrare un po’ più in bella copia di come avvengono in realtà.
Tra le quattro e le cinque vado a recuperare Marco. Dopo una faticosa giornata di asilo, sarà stanco? Manco per niente. Lo rincorro, lo immobilizzo e cerco di vestirlo. Per la bravura, mi becco anche il suo bacio accademico.
E iniziano le nostre ore insieme, con l’unico obiettivo di fiaccarlo in vista della sera.
La ripida discesa ci porta dritti, dritti a casa per il bagnetto e la cena tutti insieme.
E, quando Marco e il suo papà scompaiono dietro la porta per andare a fare le nanne, ecco che io faccio il mio splendido salto triplo, i piedi si staccano da terra, inizia la mia piroetta, volteggio leggera e atterro sul divano. Mi sembra quasi di sentire anche l’applauso del pubblico.

A volte, le mamme sono freestayler senza neanche mettere gli sci.
 


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