Non so se avete mai fatto caso
alle modelle che ci sorridono dalle pagine di moda. Sembra sempre che il
fotografo le abbia colte mentre stavano facendo altro.
Mica se l’aspettavano
che una troupe di venti persone cogliesse la loro espressione in quel preciso
momento.
Ohibò, io ero qui a fare due
chiacchiere, una passeggiata sulla spiaggia, stavo pensando ai fatti miei e non
mi sono accorta che un milione di obiettivi stavano catturando il mio sorriso!
Ora, pensate un attimo a noi
comuni mortali. Ci fanno una foto in un momento a caso, senza avere avuto il
tempo di prepararci neanche un po’. Il meglio che ci possa capitare è di venire
con un occhio chiuso e uno aperto o con un po’ di prezzemolo tra i denti. Ma se
proprio non è la nostra giornata, allora potremmo venir fuori con una smorfia,
degna della nostra miglior interpretazione di walking dead.
Nei giorni scorsi, Marco è stato
dai nonni perché io e il suo papà dovevamo lavorare. Proprio lì, dagli stessi
nonni con cui aveva carinamente condiviso la sua bronchite a Natale, ha deciso
di ammalarsi di nuovo.
Nonostante questo, sembrava che non gli mancassimo più di
tanto: ci salutava frettolosamente al telefono e sentivo la sua voce di
passaggio, mentre era impegnato a fare altro.
“Ciao mamma Isa, a domaniiii…”
Perché il futuro, per Marco, si
proietta al massimo di 24 ore. Il suo presente è troppo ingombrante, per
lasciare un po’ di spazio al resto del tempo.
Ieri è tornato a casa: per le
scale, in braccio al suo nonno, li sentivo chiacchierare. Ancora non aveva
capito chi ci sarebbe stato ad accoglierlo sulla porta.
Poi, però, mi ha visto e la sua prima
impressione è stata di stupore, tipo:
"Mamma Isa? Anche tu qui?"
Si è fermato un attimo e mi ha
fissato.
Mi sembra, no ne sono convinta, che sia anche arrossito un po’.
Mi sembra, no ne sono convinta, che sia anche arrossito un po’.
Poi mi si è attaccato al collo e
mi ha messo il nasino nella fossetta tra l’orecchio e i capelli. Ogni volta che
mi rivede dopo qualche giorno che siamo stati lontani, sembra che gli manchi il
mio odore e che mi riconosca da quello, come fanno i cuccioli degli animali.
Si è staccato un po’ per
guardarmi bene: “Sì, è proprio la mia mamma, adesso ne sono sicuro”.
Poi, mi si è avvicinato all’orecchio e mi ha chiesto:
Poi, mi si è avvicinato all’orecchio e mi ha chiesto:
“Mamma Isa… come stai?”
Era la prima volta che me lo
chiedeva e so che lo ha fatto perché, in questi giorni di influenza, glielo chiedevo
sempre al telefono. Però è stato bello, perché per un momento era lui a
preoccuparsi per me.
Ecco, in quel momento ho chiuso
gli occhi e ho scattato la mia foto.
Di quelle dove nessuno guarda nell’obiettivo, di quelle dove forse vieni con gli occhi chiusi e un’espressione da idiota, però non importa perché io me la sono immaginata come una di quelle foto perfette, che ci guardano dalle pagine dei giornali.
Di quelle dove nessuno guarda nell’obiettivo, di quelle dove forse vieni con gli occhi chiusi e un’espressione da idiota, però non importa perché io me la sono immaginata come una di quelle foto perfette, che ci guardano dalle pagine dei giornali.
Bastano un pianerottolo, una
luce artificiale, un bambino, la sua mamma e qualche giorno di lontananza. E
diventiamo tutte delle top model.
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